Ulrico S. Montefiore

Paesaggi trasfigurati, violentati poeticamente quasi. Ancora tersi paesaggi attraversati da uccelli veloci e come storditi di trovare tanta luce.

Ancora paesaggi con “muri” della sua Calabria...

La mia attenzione continua a fermarsi su alcune terracotte che lui continua a tenere in disparte, quasi non facessero parte degli argomenti trattati.

Mi sono accorto che è pudore il suo. Ci vuol poco a capire come in queste opere modellate con l’argilla l’anima di Sanciento si sia messa a nudo.

- Hanno qualcosa che intenerisce - dico scandendo deliberatamente le sillabe; in effetti sto cercando parole adatte ad esprimermi in maniera meno approssimata.

Lui ascolta il mio silenzio; poi aggiungo:

- Non supponevo si potesse accarezzare il corpo della Madre-terra con tanto tenerezza - (sono contento di essermi ripreso) ed aggiungo ancora:

- Mentre guardavo queste terracotte, questo atto del vivere, mi è venuto di pensare al figulo dell’antichità, sempiterno mediatore, creatore ed operatore, il factor dei simulacri da rituale, l’artefice di segrete catàlisi di tipo religioso e mistico.-

L’uomo e gli Dei in relazione effettiva, intendo. Questo mio porre l’accento su cose lontane e certo attuali, sembra divertire Sancineto, anzi sorprenderlo.

Lui che si crede contadino e figlio di uomo di cava, con l’illusione in aggiunta, del puro, del nuovo, dell’incontaminato dalla cultura.

Forse lui non lo sa bene, ma un retaggio parla della sua voce, preme dal dentro con l’urgenza di un pronunciamento patriarcale e da distanze che si misurano in ere geologiche.

Possiede quella verità che si veste di tagli, di pieghe, di tutti quei chiaroscuri che l’argilla trattiene fra i segni lasciati dalle dita, la sapienza del tattile e dell’allusivo, del ricordo, della dichiarazione aperta, del sottinteso.

Sono tutte cose che non si possono improvvisare, questo è chiaro. Sedotto dagli stessi pensieri che mi si assiepano fra gli occhi, guardo e medito. Il godimento artistico, da estetico che sembrava, acquista ora sonorità e ricordi.

L’associazione delle idee amplifica l’originario suggerimento, la Madre-terra partorisce i suoi stessi sogni. Poi abbiamo continuato a parlare, senza mirare a conclusioni, come si fa tra artisti, colorando delle più sottili sfumature ipotesi tanto imprevedibili quanto pregne di chiaro lirismo.

- Il figurinista più antico e del quale conosciamo il nome è Terah - azzardo io - padre di Abramo, di Nahor, e di Haram. Modellava statue votive o forse immagini di rito per consultazioni di carattere domestico, fors’anche agricolo.-

Questo suggerimento non ci convince ma Sancineto si mostra più che mai divertito dalla piega assunta da una conversazione evidentemente tanto inutile.

Lo vedo però pensieroso.

- Ho trovato! - ripeto - il nostro uomo è Tubal, della stirpe antidiluviana di Caino, figlio di Lamech e Zillah; Tubal, il padre di ogni artigiano, indicato anche come l’iniziatore della metallurgia, l’autentico homo faber a pensarci bene.-

Dopo la divagazione intellettuale torniamo alle sue magnifiche terracotte; quasi scherzando abbiamo forse identificato la genesi dell’artefice Sancineto.

Sono i “modellati”, più che altre sue opere, a riempire degnamente quella distanza che separa la cultura propriamente paesana da quella non scevra di ogni sorta di significati interiori.

Esegue queste opere quasi senza rendersi conto di svolgere un compito eroico.

- Mi riconosco in questi lavori - confessa alla fine - essi sono il criterio col quale misuro il resto delle mie iniziative. Tentenna ancora; pudore ho chiamato tale reticenza. E questa volta sono io ad attendere pazientemente quello che c’è dietro il suo silenzio.

- Modellando io interrogo - dice alfine - e quanto ne derivo a volte è bizzarro: mi riesce di manipolare senza tuttavia imprigionare quanto nell’argilla è implicito. Liberare un sogno, piuttosto, subito dopo averlo evocato.-

Attendo il seguito; ora sono ansioso.

- Credi si porti l’argilla al fuoco solo per quel breve intervento che possa assicurare longevità al manufatto?-

Attendo di conoscere una verità filosofica che ancora mi sfugge. Eppure ho già tanto appreso dalle sue parole; cos’altro può aggiungere lui che non ama le metafore?

- Il fuoco è l’epilogo di un grande dramma tellurico, l’atto di nascita di cose che provengono da gestazione lunga e solenne. L’essere contadino, come dicevo poc’anzi, garantisce la consapevolezza che l’opera con la terra è in simbiosi, ma anche in metamorfosi. - Conclude così.

Ma Sancineto, veramente, ha già segni chiari di non sentirsi la stessa persona. Ha capito che viene da molto lontano. Ed in attesa di precisarsi le origini sa che è portatore di un privilegio: è fra quei pochi che sentono ancora il mistero posto sin dall’inizio, quello della Madre-terra vergine, e genetrice, culla e cella per sepoltura, ma soprattutto specchio e matrice di ogni cosa che sa manifestarsi vitale in ogni luogo ed in ogni tempo.


English version

The view with walls of Calabry. My attention is addressed through his work, and  I saw his  naked soul,  In fact I’m seeking a right word to say  what I  feel. He listen my silence

I didn’t now that it was possible to cares the body of Mother – Land. When I saw his work,  this side of living  I thought for antiquity  and the  mystic  secret, the god and man in one relationship I saw the faraway and closer things   That are things which beatifies  Sancineto. He believes in man like son of the land with illusion for purity, and for culture.

Maybe he doesn’t now, but one voice speaks for him by inside, with one emergency for one patriarchal expression, by faraway which measure in geological era.

He is possessor of this true which can smashed like argil which can smash when fingers touching her.

This are the things that can’t be improvise, this is clearly. Attract by the thoughts, close my eyes and meditate, the artistic pleasure, they had just aesthetic form win now memoirs.

Association of ideas improves original conception, Mother –Land give   birth her self dreams.

After we have talk haven’t deduce anything like used between artistes, talking about everything.

The older modeller is called Terah - I have the courage- he is Abraham, Noah, and Haram’s father, he frame statues, or images of ritual for consult of character. 

But I see a little pensively

I find it – I say- our man is Tubal, Cain Lamech and Zillah’s son. Tubal is father of every handicraftsman, he is called like initiator of metallurgy.

After that I can say that I have understood the origin of Sancinetos’art.

His work fill this empty space which separate the rural culture from this civilized. Doing this creation he without understanding, did one heroic job

- I’m my self in these creations said he at last – they are the standards that I measure my enterprises, - and after silence…. But now I’m whose understand his silence.

- With this models, did you mean? – He said - sometimes is bizarre, she can manipulated me, meantime in argil is so implicit, and I can leave my dreams free after I have finished this creation.

I confess to know one philosophy true. I have learned too much from him.

The fire is the epilogue, of tellurian tragedy.

Being a villager guarantee the conscience that the creation and the land is in symbiosis, but in metamorphosis too.

But Sancineto have the sign to feels that he doesn’t is anymore the same persons. He has understood that he come by far way, and have a mission, he listen the mystery of Mother – Land.