Pierfranco Bruni

La misura del tempo non sta nella armonia o disarmonia degli spazi. Sta, invece, nel rendere gli spazi armonici che danno vitalità ad una ricerca che è sempre dettata da un sistema di valori. In questo viaggio che compie Mimmo Sancineto il tempo, comunque, non è misura ma non ha neppure parametri di misura. Perché, in fondo, l’arte è così. Una ricerca che si assenta dal ricercato per definirsi come trasmissione di valori estetici che provengono da un confronto con modelli etici. La tavolozza rende tutto questo armonico. Sono i colori che diffondono, nel loro insieme e nei loro giochi, un dipanarsi di immagini che si proiettano certamente nel tempora in un tempo che conosce l’anima del presente nel dettato culturale del futuro.

Mimmo Sancineto è un “creatore” di sensazioni e di espressioni in cui il cromatismo delle tinte non rinuncia mai ad un lirismo di immagini. Ci sono le immagini anche quando le stesse non offrono, a primo acchito, delle forme.

Non un artista delle forme ma parimenti un artista che non erode le forme.

Ed ecco, allora, ritornare la misura del tempo oltre ogni cronaca e oltre ogni orologio che cataloga le ore della pittura. In questo tracciato c’è la vita. Anzi c’è una vita le cui matasse sono state intrecciate ad una raffinata intelaiatura con il profilo di una fantasia che segna l’essere dell’immaginazione. Entriamo, così, in un campo che è quello della metafora. Ma la metafora, nella pittura e  nel plasmare la scultura, è l’anima che fa muovere le mani.  Si pensi alle sue sculture che recitano il corpo. Qui la forma resta ma è lontana da ogni precostituita oggettività. In realtà Sancineto è l’artista del soggetto E il suo tocco è in una manifestazione in cui a prendere il sopravvento è l’estasi.

Per un artista come Sancineto, e il cammino qui sottolineato  lo dimostra,  l’estasi è sempre accompagnata ad una voce sublimare che è l’oblio.

Plasmare e dipingere nelle forme che perdono la forma. Mi sembra, questa, il nucleo di una struttura artistica che si serve degli strumenti conosciuti come i manufatti dell’arte ma che poi, alla fine, perdono connotazioni formaliste per ri-dimensionarsi in uno stile che è sobrietà del linguaggio mitico.

Dentro questo straordinario percorso ci sono i codici dell’uomo che si esprime attraverso una esperienza che è artistica certamente ma resta necessariamente legata a quelle voci del desiderio di una civiltà contemporanea che non ha mai smarrito la sua eredità e la sua storicità.

Appunto per questo il patrimonio espressivo di Sancineto solca i giorni incommensurabili di  tempo senza misura e senza alcuna pratica di strutturalismo critico. I segni, le linee, le sagome, le figure che occupano lo scenario non costituiscono soltanto incisi della memoria (di un passato che si documenta senza dimostrarlo)  ma preparano lo spazio (appuntalo spazio e non più il tempo) nello scenario di una costante ricerca sempre non ultimata.

Il vero artista non può ritenere compiuta una ricerca, non può essere soddisfatto di aver ultimato una ricerca. La ricerca dell’artista è un perenne…Mi pare che su questo attraversamento costante possibile stabilire un dialogo che è sempre tra il tratteggio delle linee e il colore.

L’esperienza che qui si sintetizza è un graffiare di unghia sia sulla tavolozza sia sulle tele sia nell’impasto della creta. Ovvero in questo graffiare c’è il destino di un artista ma anche un modello nella capacità di raccontare grazie all’assenza delle parole.

Uno dei dati fondamentali è che Sancineto non si assenta mai dalla vita. I temi e le problematiche che occupano il sociale sono particolari che insistono ora nell’affrontare direttamente le questioni ora nel lascito suggestivo di immagini appena accennate. Ma ci sono. L’artista che non dimentica e non si assenta.

Eros e natura, paesaggi e immersioni nel colore profondo; spaccati di case e sguardi rappresentano non una diversificazione ma un unicum nel cosmopolitismo dei linguaggi intrecciati nel dialogo del quotidiano e del sempre. Un perdersi e un ritrovarsi nei giorni che si avvitano in questa dimensione che ha voce e destino. I volti della speranza o della disperazione, il superamento di ogni afflato realistico, la domesticità dei quadretti di paesi sono un autentico bisogno di capire l’orizzonte della rivelazione. L’arte non è solo liberazione. Anzi è soprattutto rivelazione. E non una volta per tutte.Ma una rivelazione che non smette di essere rivelazione nel battito del sempre.

Il Mediterraneo non è, d’altronde, una deposizione nell’acquisito, ma una visione rivelativa sia sul piano della proposta emotiva che su quello della esposizione estetica. Ho fatto un solo esempio. Gli strumenti creativi sono elaborazione nella ricerca di Sancineto e proprio per questo insistono in una interpretazione estetica che è la suggestiva meraviglia.

Dalle stagioni agli improvvisi tratti di un Sud che ha confini ci sono sempre messaggi che rivelano.

Forse è proprio qui che la misura del tempo lascia ogni metrica e ogni orpello di parametri geografici e geometrici per enuclearsi in quella universalità che ha un ‘indefinibilità nell’attraversamento di quell’armonia nello spazio alla quale si faceva cenno all’inizio.

Mimmo Sancineto tratta l’argomentare del suo mondo (che è la vita, questa sì, della memoria e del presente) con i pennelli dell’universo. In questo universo l’universalità è un tempo che continua dentro ognuno di noi. Nella plasticità delle sculture ci sono i movimenti (e non le forzature) di quel tempo che recita la vita. Ed è qui il viaggio che si dimostra. Percorriamolo (o ripercorriamolo), senza alcuna esitazione, insieme.


I SEGNI E I SIMBOLI DI MIMMO SANCINETO

Alghero, 2006

I segni della Magna Grecia sono simboli che tracciano tracciati tra le ombre dell’anima e dei colori. Viaggiare tra i luoghi significa definire i veri non luoghi di una geografia che si è fatta memoria.

E’ un mosaico i cui tasselli sono dentro il tempo il lavoro di Mimmo Sancineto. Una ricerca che parte da molto lontano e si definisce tra le “forme” e i colori. Ma la storia è lacerata perché a prendere il sopravvento è il tempo ma anche quella dimensione dello spazio fatto di spiritualità (laica) nella memoria. La memoria nella quale Sibari, Crotone, Metaponto sono un attraversamento nel mito. Mimmo Sancineto, maestro indiscusso del pastellato dei paesaggi e dei muri che disegnano una tensione di esistenze. Questo scavo di Sancineto non ci porta ad una rappresentazione di documento  ma ad una visione di simboli.

Simboli ed alchimie sulla tavolozza ci portano ad una magia di segni in cui la Magna Grecia diventa sempre più identità. Il simbolo del cavallino e gli archetipi dei luoghi sono magia e sacro e sottolineano una relazione tra arte e archeologia. L’arte entra nell’archeologia e viceversa in Sancineto. La Sibari magno-greca è un progetto di un pensare in cui i colori e le forme del Mediterraneo sono valori di essenza.

Sancineto è un attento ricercatore tra gli anelli del territorio. Il territorio che si fa manifestazione di miti e l’arte che è l’espressione non di una esperienza soltanto ma un atto creativo in cui la fantasia, in questo caso, non è mistero ma destino della memoria.

L’arte come memoria e la memoria come voce di un processo esistenziale lungo quel Golfo della Magna Grecia che si dichiara come poesia.

Ogni linea di colore, ogni tempo del paesaggio è un viaggio. Ebbene, Sancineto chiede alla natura di vivere le stagioni come contemplazione dello sguardo. Crotone è mito e alchimia. Sibari è leggenda e storia. Metaponto è nelle Colonne Palatine. Il seguito è pellegrinaggio dell’artista tra le pieghe che lasciano, appunto, segni e simboli.

La Magna Grecia di Sancineto è un andare nel gioco infinito-indefinito di un sentimento che è nella comprensione di un tempo che si fa sentiero incantato. Nel territorio. Tra i territori di Sancineto il progetto arte è vita. Ma nella problematica della Magna Grecia Sancineto ci fa vivere una eredità che è sempre di più appartenenza. Nel senso e nell’orizzonte di un infinito viaggio nel quale emozioni, sensazioni, passioni sono dentro lo specchio e la maschera dell’artista. I simboli si dichiarano e le voci del colore sono vita.


MIMMO SANCINETO’S SYMBOLS

Alghero, 2006 - English version

Symbol of Magna Grecian are the symbols that will send you in the shadow of human soul, and the colours.  Travelling in different places through art, means travelling in the places discovered by your mind.

The work of Mimmo Sancineto is one research which began from far away and ends through the shapes and colours.

He is a big master of pastel and view, which paints a tension of being.

His work doesn’t bring us just one document’s representation, but in one vision of symbols.

Horse’s symbol and archetype of places, are something magic and saint, they are something between art and archaeology. Art is inside of archaeology, even in Sancineto’s work we can find this.  The symbol  Magno – Grecian (Magna – Grecia)is a project of the think, in which colours and the shapes of Mediterranean are the value of the essence.

Sancineto is one careful researcher between the rings of the places, places which doing the parade of myths and art, which isn’t just one feeling of the real live, but one creation where the fantasy isn’t mystery anymore, but is the destiny of memory.

The art is like the memory, the memory like the voice in one important process of Magna Grecian that is like poetry.

Every line of colours, every time of view is like a real journey.

Croton is myths and alchemy, Sibari is the legend and the story.

Magna Grecian (Magna – Grecia) of Sancineto is a journey in the game ends - infinity – of the feeling which is the understanding of time, in this magic journey.

In the place.  Between places of Sancineto is project art and life, but in sever Magna Grecian’s (Magna – Grecia) Sancineto brings us as the heredity of the past so real.

In one infinity journey the emotion and the passion are inside the mirror and the mask of the author.  The symbols are colour’s voice, they are the Life.