galleria il coscile

Claudio Strinati

Mimmo Sancineto ha una carriera lunga e variegata, sempre volta alla difesa, mai provinciale ma aperta e appassionata, della sua Calabria.  Al centro dei suoi interessi morali e figurativi c’è quella terra meravigliosa e generosa ma che ha sofferto di emarginazione e persino di assenza di memoria, tanto più dolorosa in quella che è stata la straordinaria culla della civiltà millenaria della Magna Grecia. A questa situazione di abbandono e trascuratezza Sancineto ha inteso reagire con vigore e passione inflessibili, e il suo lavoro intenso e dinamico lo ha così portato a ricreare  una condizione di appassionato recupero di memorie rimaste come latenti in quel contesto.

Da questa inesausta tensione è nata quella singolarissima e personalissima tematica che è quella dei “muri” della sua terra, indagati e riprodotti quasi per farne rivivere i depositi di vita vissuta che vi sono rimasti come incardinati dentro, trasformandosi in fatti figurativi divenuti sintomo e conseguenza di un amore fervido ma contrastato dalle umane vicende.

C’è un senso di profonda umiltà e di orgogliosa affermazione in questa lenta e continua “indagine” che si avverte carica di dolori e fatiche, specie nel periodo che corrisponde, nel lavoro di Sancineto artista e docente, soprattutto agli anni settanta, per spostarsi poi, nei successivi vent’anni, verso i grandi temi del Tempo, delle Stagioni e dell’Amore, quasi a tessere un’epopea artistica che collega ogni momento a quello precedente. I “muri” non arrivarono subito. Per un po’ di tempo Mimmo Sancineto è stato raffinato seguace di certi grandi maestri che la terra di Calabria ha avuto più numerosi di quanto oggi non si sappia con chiarezza.  Ne ha assimilato il linguaggio, colto e spontaneo nel contempo, ma presto si è emancipato dall’ossequio, pur sentito e sincero, verso certi importanti predecessori e ha fatto da sé. E molto ha curato la ricerca tecnica perchè si è distinto come sensibile pittore ma anche come forte scultore, sempre dibattendosi tra ribellione e attesa, tra delusioni e accensioni. Non dimentica mai, proprio lui che ha scelto di restare nella sua patria e di vivere le sue esperienze artistiche nell’ambiente stesso che continua a stimolarlo e a nutrirlo, il grande problema del linguaggio figurativo in sé.

La mostra che oggi presentiamo è, dunque, ricca di opere recenti sulle quali è possibile fare il punto rispetto alla complessa evoluzione del maestro e si capisce bene, a ripercorrerne sinteticamente la parabola, come nel suo caso l’aderenza alle tematiche individuate già nella gioventù non sia mai venuta meno ma si sia invece accresciuta progressivamente.

La pennellata è diventata adesso sempre più larga e piena, in un singolare equilibrio tra assoluta libertà di stesura e accurata attitudine descrittiva. Dall’antico tema dei muri sbrecciati e rovinati dal tempo e dall’opera dell’uomo, affiorano questi poderosi relitti di figuratività che sembrano scrutati dall’alto, in punti di osservazione remoti da cui, pure, l’osservatore è come se sprofondasse dentro la materia pittorica, quasi un astronomo dell’arte che vede molto oltre le apparenze immediate ma non si discosta mai dal “Vero”. Sono come ossature, strutture visive sovraccariche di Umanità che non vogliono rappresentare questo o quel singolo essere, ma aspirano a una sorta di universalità in cui sia possibile rintracciare la quintessenza del fatto espressivo in sé, che diventa l’argomento basilare della pittura.

E’ stato un processo di maturazione lento e profondo e oggi ne vediamo le più alte conseguenze culminanti in una esperienza che conferisce a questa arte una dignità e una forza davvero singolari.

E’ un bene che l’artista trascini i temi stessi dell’Etica e del Comportamento dentro la sua arte.  Fu così in epoche remote e può essere così anche oggi. La lezione di Mimmo Sancineto si muove in questa direzione conseguendo risultati importanti che si iscrivono a buon diritto nella storia della pittura e della scultura italiana del nostro tempo.


English version

Mimmo Sancineto’s carreer is long, varied and always aimed at defending its country: its Calabria, with a passionate and sincere attitude. Actually, this beautiful and generous  region in the south of Italy is the centre of his moral and figurative interests. It suffered to be emarginated and neglected even if, in the past, it was the cradle of the millenary civilization of Magna Graecia. That’s why Sancineto has always fought with an extraordinary energy against this situation of neglect and he has worked hard and actively to recover the memories that were concealed in that context.

Also the “walls” of his Calabria , a very peculiar theme that the artist represented in his first works, were reproduced to give life to the human events that were kept and hidden in those walls.

You can feel a deep humility together with a proud determination in this slow and hard “research” that Sancineto carried out especially in the Seventies, and during the next twenty years. In those years he started showing interest in the great themes of Time, Seasons and Love, to create a kind of “artistic journey”, where every moment is well connected to the moment before.

But the “walls” didn’t arrive at once. At first Mimmo Sancineto was a refined follower of great masters born in Calabria and that are more numerous than we can imagine. He  learnt their refined but spontaneous language even if he became independent of them very soon, acquiring his very personal style.

He worked carefully on the technical research, so that he distinguished himself both as a sensitive painter and as an effective sculptor, always fighting between rebellion and hope, between disappointment and enthusiasm.

He never forgot the great problem of the figurative language in itself, even though he chose to stay in his birthplace and to live his artistic experiences in the same environment that still stimulates and fosters his creativity.

The exhibition mounted in Rome is rich in recent paintings so that it’s possible to consider his complex artistic development and to realize that the artist has never abandoned the themes he had dealt in his youth but, on the contrary,  he has enriched them.

Now his brush-stroke is larger and deeper, in a perfect balance between an absolute freedom in spreading colours and a careful descriptive ability. Powerful examples of figurativeness appear from the old theme of the “walls” that the time and the work of man crumbled and spoilt. They seem to be scanned from high and remote points of observation where even the observer has a feeling he is sinking into the pictorial matter. He looks like an astronomer of art that can see over the immediate appearances but never far from the “Truth”. They are like frameworks, visual structures charges with Humanity that don’t want to represent any single individual in particular, but that aim at a kind of universality where it is possible to find the quintessence of the expressive fact in itself, which becomes the basic subject of painting.

It has been a deep and slow process of maturation , and today we can see its highest results in an experience that gives to this art a really singular strength and dignity.

It is right that the artist takes the very themes of Ethics and of Behaviour  into his art. That’s what happened in remote ages and what can happen today as well. Mimmo Sancineto’s lesson moves to this direction achieving important results that can be recorded, rightfully, in the history of Italian painting and sculpture of our time.    

Pierfranco Bruni

La misura del tempo non sta nella armonia o disarmonia degli spazi. Sta, invece, nel rendere gli spazi armonici che danno vitalità ad una ricerca che è sempre dettata da un sistema di valori. In questo viaggio che compie Mimmo Sancineto il tempo, comunque, non è misura ma non ha neppure parametri di misura. Perché, in fondo, l’arte è così. Una ricerca che si assenta dal ricercato per definirsi come trasmissione di valori estetici che provengono da un confronto con modelli etici. La tavolozza rende tutto questo armonico. Sono i colori che diffondono, nel loro insieme e nei loro giochi, un dipanarsi di immagini che si proiettano certamente nel tempora in un tempo che conosce l’anima del presente nel dettato culturale del futuro.

Mimmo Sancineto è un “creatore” di sensazioni e di espressioni in cui il cromatismo delle tinte non rinuncia mai ad un lirismo di immagini. Ci sono le immagini anche quando le stesse non offrono, a primo acchito, delle forme.

Non un artista delle forme ma parimenti un artista che non erode le forme.

Ed ecco, allora, ritornare la misura del tempo oltre ogni cronaca e oltre ogni orologio che cataloga le ore della pittura. In questo tracciato c’è la vita. Anzi c’è una vita le cui matasse sono state intrecciate ad una raffinata intelaiatura con il profilo di una fantasia che segna l’essere dell’immaginazione. Entriamo, così, in un campo che è quello della metafora. Ma la metafora, nella pittura e  nel plasmare la scultura, è l’anima che fa muovere le mani.  Si pensi alle sue sculture che recitano il corpo. Qui la forma resta ma è lontana da ogni precostituita oggettività. In realtà Sancineto è l’artista del soggetto E il suo tocco è in una manifestazione in cui a prendere il sopravvento è l’estasi.

Per un artista come Sancineto, e il cammino qui sottolineato  lo dimostra,  l’estasi è sempre accompagnata ad una voce sublimare che è l’oblio.

Plasmare e dipingere nelle forme che perdono la forma. Mi sembra, questa, il nucleo di una struttura artistica che si serve degli strumenti conosciuti come i manufatti dell’arte ma che poi, alla fine, perdono connotazioni formaliste per ri-dimensionarsi in uno stile che è sobrietà del linguaggio mitico.

Dentro questo straordinario percorso ci sono i codici dell’uomo che si esprime attraverso una esperienza che è artistica certamente ma resta necessariamente legata a quelle voci del desiderio di una civiltà contemporanea che non ha mai smarrito la sua eredità e la sua storicità.

Appunto per questo il patrimonio espressivo di Sancineto solca i giorni incommensurabili di  tempo senza misura e senza alcuna pratica di strutturalismo critico. I segni, le linee, le sagome, le figure che occupano lo scenario non costituiscono soltanto incisi della memoria (di un passato che si documenta senza dimostrarlo)  ma preparano lo spazio (appuntalo spazio e non più il tempo) nello scenario di una costante ricerca sempre non ultimata.

Il vero artista non può ritenere compiuta una ricerca, non può essere soddisfatto di aver ultimato una ricerca. La ricerca dell’artista è un perenne…Mi pare che su questo attraversamento costante possibile stabilire un dialogo che è sempre tra il tratteggio delle linee e il colore.

L’esperienza che qui si sintetizza è un graffiare di unghia sia sulla tavolozza sia sulle tele sia nell’impasto della creta. Ovvero in questo graffiare c’è il destino di un artista ma anche un modello nella capacità di raccontare grazie all’assenza delle parole.

Uno dei dati fondamentali è che Sancineto non si assenta mai dalla vita. I temi e le problematiche che occupano il sociale sono particolari che insistono ora nell’affrontare direttamente le questioni ora nel lascito suggestivo di immagini appena accennate. Ma ci sono. L’artista che non dimentica e non si assenta.

Eros e natura, paesaggi e immersioni nel colore profondo; spaccati di case e sguardi rappresentano non una diversificazione ma un unicum nel cosmopolitismo dei linguaggi intrecciati nel dialogo del quotidiano e del sempre. Un perdersi e un ritrovarsi nei giorni che si avvitano in questa dimensione che ha voce e destino. I volti della speranza o della disperazione, il superamento di ogni afflato realistico, la domesticità dei quadretti di paesi sono un autentico bisogno di capire l’orizzonte della rivelazione. L’arte non è solo liberazione. Anzi è soprattutto rivelazione. E non una volta per tutte.Ma una rivelazione che non smette di essere rivelazione nel battito del sempre.

Il Mediterraneo non è, d’altronde, una deposizione nell’acquisito, ma una visione rivelativa sia sul piano della proposta emotiva che su quello della esposizione estetica. Ho fatto un solo esempio. Gli strumenti creativi sono elaborazione nella ricerca di Sancineto e proprio per questo insistono in una interpretazione estetica che è la suggestiva meraviglia.

Dalle stagioni agli improvvisi tratti di un Sud che ha confini ci sono sempre messaggi che rivelano.

Forse è proprio qui che la misura del tempo lascia ogni metrica e ogni orpello di parametri geografici e geometrici per enuclearsi in quella universalità che ha un ‘indefinibilità nell’attraversamento di quell’armonia nello spazio alla quale si faceva cenno all’inizio.

Mimmo Sancineto tratta l’argomentare del suo mondo (che è la vita, questa sì, della memoria e del presente) con i pennelli dell’universo. In questo universo l’universalità è un tempo che continua dentro ognuno di noi. Nella plasticità delle sculture ci sono i movimenti (e non le forzature) di quel tempo che recita la vita. Ed è qui il viaggio che si dimostra. Percorriamolo (o ripercorriamolo), senza alcuna esitazione, insieme.


I SEGNI E I SIMBOLI DI MIMMO SANCINETO

Alghero, 2006

I segni della Magna Grecia sono simboli che tracciano tracciati tra le ombre dell’anima e dei colori. Viaggiare tra i luoghi significa definire i veri non luoghi di una geografia che si è fatta memoria.

E’ un mosaico i cui tasselli sono dentro il tempo il lavoro di Mimmo Sancineto. Una ricerca che parte da molto lontano e si definisce tra le “forme” e i colori. Ma la storia è lacerata perché a prendere il sopravvento è il tempo ma anche quella dimensione dello spazio fatto di spiritualità (laica) nella memoria. La memoria nella quale Sibari, Crotone, Metaponto sono un attraversamento nel mito. Mimmo Sancineto, maestro indiscusso del pastellato dei paesaggi e dei muri che disegnano una tensione di esistenze. Questo scavo di Sancineto non ci porta ad una rappresentazione di documento  ma ad una visione di simboli.

Simboli ed alchimie sulla tavolozza ci portano ad una magia di segni in cui la Magna Grecia diventa sempre più identità. Il simbolo del cavallino e gli archetipi dei luoghi sono magia e sacro e sottolineano una relazione tra arte e archeologia. L’arte entra nell’archeologia e viceversa in Sancineto. La Sibari magno-greca è un progetto di un pensare in cui i colori e le forme del Mediterraneo sono valori di essenza.

Sancineto è un attento ricercatore tra gli anelli del territorio. Il territorio che si fa manifestazione di miti e l’arte che è l’espressione non di una esperienza soltanto ma un atto creativo in cui la fantasia, in questo caso, non è mistero ma destino della memoria.

L’arte come memoria e la memoria come voce di un processo esistenziale lungo quel Golfo della Magna Grecia che si dichiara come poesia.

Ogni linea di colore, ogni tempo del paesaggio è un viaggio. Ebbene, Sancineto chiede alla natura di vivere le stagioni come contemplazione dello sguardo. Crotone è mito e alchimia. Sibari è leggenda e storia. Metaponto è nelle Colonne Palatine. Il seguito è pellegrinaggio dell’artista tra le pieghe che lasciano, appunto, segni e simboli.

La Magna Grecia di Sancineto è un andare nel gioco infinito-indefinito di un sentimento che è nella comprensione di un tempo che si fa sentiero incantato. Nel territorio. Tra i territori di Sancineto il progetto arte è vita. Ma nella problematica della Magna Grecia Sancineto ci fa vivere una eredità che è sempre di più appartenenza. Nel senso e nell’orizzonte di un infinito viaggio nel quale emozioni, sensazioni, passioni sono dentro lo specchio e la maschera dell’artista. I simboli si dichiarano e le voci del colore sono vita.


MIMMO SANCINETO’S SYMBOLS

Alghero, 2006 - English version

Symbol of Magna Grecian are the symbols that will send you in the shadow of human soul, and the colours.  Travelling in different places through art, means travelling in the places discovered by your mind.

The work of Mimmo Sancineto is one research which began from far away and ends through the shapes and colours.

He is a big master of pastel and view, which paints a tension of being.

His work doesn’t bring us just one document’s representation, but in one vision of symbols.

Horse’s symbol and archetype of places, are something magic and saint, they are something between art and archaeology. Art is inside of archaeology, even in Sancineto’s work we can find this.  The symbol  Magno – Grecian (Magna – Grecia)is a project of the think, in which colours and the shapes of Mediterranean are the value of the essence.

Sancineto is one careful researcher between the rings of the places, places which doing the parade of myths and art, which isn’t just one feeling of the real live, but one creation where the fantasy isn’t mystery anymore, but is the destiny of memory.

The art is like the memory, the memory like the voice in one important process of Magna Grecian that is like poetry.

Every line of colours, every time of view is like a real journey.

Croton is myths and alchemy, Sibari is the legend and the story.

Magna Grecian (Magna – Grecia) of Sancineto is a journey in the game ends - infinity – of the feeling which is the understanding of time, in this magic journey.

In the place.  Between places of Sancineto is project art and life, but in sever Magna Grecian’s (Magna – Grecia) Sancineto brings us as the heredity of the past so real.

In one infinity journey the emotion and the passion are inside the mirror and the mask of the author.  The symbols are colour’s voice, they are the Life.


Francesco Sicilia

Le suggestioni pittoriche e le immagini del Sud d’Italia, e in particolare della Calabria,  Regione  ricca di patrimonio artistico, archeologico ed  etnoantropologico, trovano una preziosa convergenza nell’opera di Mimmo Sancineto, a conferma del nesso, inscindibile e dialettico, fra la cultura nella sua più ampia accezione e le espressioni artistiche che ne sono la diretta immagine.

L’artista è infatti integrato, al di là della diversità degli stili e delle forme, ad una fitta rete di raccordi culturali spesso non immediatamente percepibili ma che ne costituiscono lo sfondo, il completamento e la fonte di  ispirazione.

I dipinti del Maestro Sancineto sono ispirati dai panorami della Magna Grecia. E’ il colore a restituirci il fascino e direi quasi i profumi dei luoghi della Calabriaancinetogistici cheologico di Reggio calabria, la dott.ssa Zarattini, , in una dimensione sospesa, in un paesaggio senza tempo e senza riferimenti, in cui la natura diventa parte del mito e lo sguardo è libero di spaziare senza limitazioni o confini.

In questo senso, il segno, la parola,  il colore, e di riflesso l’attività di Sancineto, identificano uno spazio culturale comune per stabilire una sorta di dialogo, un nesso diretto, la possibilità dell’interpretazione del territorio in termini d’arte, alla luce di una nuova identità pittorica, per la quale i critici hanno coniugato, in una felice sintesi, il termine di astrattismo figurativo .

La mostra “La magna Grecia e i suoi segni” è la testimonianza viva di una nuova immagine della Calabria, che vuole essere non solo una Regione attiva e impegnata nella diffusione del proprio ricco patrimonio storico  ma capace anche di cogliere e valorizzare i fermenti contemporanei che confermano una intrinseca vivacità culturale,  più volte riconosciuta anche a livello internazionale come nel caso di Mimmo Sancineto.

Desidero quindi rivolgere l’espressione del mio vivo apprezzamento al maestro Sancineto, al Soprintendente Archeologico di Reggio Calabria, la dott.ssa Annalisa Zarattini, alla responsabile del Museo Archeologico di Sibari, dott.ssa  Silvana Luppino, ai curatori della mostra e a quanti hanno contribuito al buon esito dell’iniziativa affinché questa mostra rappresenti sia un  doveroso omaggio a un valido esponente della nostra terra natale, sia un’importante opportunità per aumentare il livello di conoscenza e di sensibilità del pubblico verso il patrimonio unico custodito dal Museo Archeologico di Sibari e, nel contempo,  verso le opere dei più validi artisti italiani contemporanei, tra cui Sancineto ha da tempo conquistato un posto riconosciuto.

Francesco Sicilia

Capo Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici

Salvatore Italia

Affermava Claudio Strinati nel 2005, presentando una mostra di Mimmo Sancineto nei prestigiosi ambienti di Palazzo Venezia a Roma, che ci troviamo dinanzi ad un artista dalla “complessa evoluzione”.

Quell’occasione in effetti, per la varietà delle opere e dei temi, offriva lo spunto all’illustre critico per una valutazione complessiva del lungo percorso artistico del maestro calabrese.

Appassionato narratore della sua terra di Calabria, Sancineto ha saputo collocare la sua personalità in una dimensione più ampia, al di là dei confini dei suoi luoghi di origine, rimasti –peraltro- sempre alla base della sua ispirazione, aprendosi così agli orizzonti cui giustamente deve aspirare l’artista di vaglia.

Sancineto ha già scritto, come sottolineato da qualificati critici e storici dell’arte, pagine importanti e significative in un quarantennio costellato di fasi e di passaggi frutto di una cultura personale di assoluto spessore che ha inciso sulla sua arte.

Indubbiamente il maestro ha subito nel suo processo formativo il fascino e l’influenza di grandi personaggi del Novecento (citerei, ad esempio, Rosai o Carrà per alcune eccellenti opere risalenti al decennio 1960/1970) ma la rielaborazione in chiave autonoma ed originale di quelle reminiscenze costituisce il chiaro esempio di una straordinaria capacità di segnare con la propria, inconfondibile, impronta un cammino da autentico protagonista

Nell’arte di Mimmo Sancineto si possono individuare caratteristiche che ne connotano l’indiscutibile talento.

Intuizioni folgoranti nell’uso dei colori, accesi e passionali (struggenti nei rossi intensi), tecnica raffinata che il maestro dimostra in ogni momento compositivo, richiamo suggestivo degli elementi della natura.

Quella di Sancineto è, in sostanza, una voce assai significativa dell’arte italiana di questi ultimi anni, una presenza che si impone in modo autorevole in palcoscenici sempre più importanti, meritando il crescente interesse della critica.

Le mostre programmate nelle splendide sedi di Firenze, Torino e Milano testimoniano ancora una volta l’interesse delle pubbliche istituzioni per un artista che fa onore all’arte del nostro Paese ai massimi livelli.

Salvatore Italia

Già Capo Dipartimento nel Ministero per i beni e le attività culturali


English version

Claudio Strinati in 2005, announcing Mimmo Sancineto’s work in ambient of Venice palace in Roma.

In fact this occasion offered the critic sense for one lengthy valuation for a long artistic trip of Calabres master.

A narrator with too much passion, of his land Calabria, Sancineto had fortify his personality in one dimension more huge, beyond of borders of his country, but this country is still his inspiration.

Without doubt the master has in his process the influence of the greats of 900-s (for example, Rosai, or Carra, for some brilliant works in decennary 1960/1970), but in one autonomous and original elaboration of this reminiscence consist the clear example, of one remarkably capacity to sign with  traces infallibility, one narrow of authenticity of protagonist.

In the art of Sancineto we can find the characteristic which shows the talent of Mimmo Sancineto.

Intuition, in use of passionate bright colours, refined technique, that master shows in every moment of his work.

This of Sancineto is in general, one significant voice of Italian art, one presence which obtrude oneself, in important scene.

The exhibition in Firenze, Torino and Milano are wetness of public interest, for one artist which honors the art of our country, in the highest level.

 

Salvatore Italia

Chief of Department in Ministry for Heritage and Cultural Activity 

 

Gianluigi Trombetti

Mimmo Sancineto nasce a Cerchiara di Calabria, paesetto posto a terrazza dominante l’ampia pianura dove verso l’ottavo secolo a. C. i coloni greci sbarcarono, forse attratti dalla bellezza del luogo, così contornato da alte montagne, ricoperte da lussureggianti faggete e con le cime imbiancate dalle nevi per buona parte dell’anno, dove pensarono potessero abitare anche  gli dei come Apollo, o forse attratti dalla fertilità della terra ricca di sorgive, solcata da diversi corsi d’acqua e dove vivevano allo stato brado dei buoi grandi e mansueti.

Nel luogo prescelto, vicino alla foce di un fiume che darà il nome  alla città  o viceversa?, fondarono quella che nel corso di breve tempo diventerà un centro potente, sinonimo di ricchezza e di costumi raffinati: Sibari.

La vita della prima città non fu lunghissima: la sua ricchezza venne presto in invidia agli altri popoli che la attaccarono e la distrussero. Ma come l’araba fenice rinacque dalle sue ceneri, forse ancora più bella e le sue strade  diritte e spaziose subirono i dettami urbanistici di Ippodamo da Mileto. Poi  vi furono ancora guerre e la cultura greca venne via via trasformandosi in quella romana e in quella veste vide gli albori del cristianesimo per decadere poi velocemente inghiottita dalle acque salmastre delle paludi, che solo da pochi decenni  e con grande sforzo stanno restituendo frammenti di colonne e portici, teatri e templi e qui e là qualche brandello di superbe sculture.

Da quella nativa terrazza Sancineto ha osservato e assimilato i colori e le forme di tutto quello che ricadeva sotto le sue percezioni, siano essi alberi, erbe, acqua, terra, cielo, siano essi opera dell’uomo o delle divinità: case, templi, chiese, ruderi nascosti dal capelvenere o dai roveti, rottami di un mondo che non è più e che aspettavano di poter attirare l’attenzione di qualcuno  che riuscisse a colloquiare nella loro stessa lingua.

Sancineto certo non poteva comprendere appieno il loro muto messaggio ma ne coglieva spesso l’essenza spirituale e la preghiera di poter tornare  ad essere protagonisti.

Ecco quindi nascere quei “muri di Calabria” che tanta fortuna hanno dato all’artista, imponendolo alla critica più autorevole ed a un vastissimo pubblico.

Oggi quei “muri” mostrano una diversa consistenza ideale e cromatica, non più cadenti, residui del passato, testimoni di dolore ed emarginazione, sconquassati dalla natura violenta del nostro Sud, ma eredi consapevoli di una cultura gloriosa che  è stata le fondamenta della civiltà moderna.

Nei suoi dipinti Mimmo Sancineto offre rielaborate visioni di quella cultura, dalle colonne di Metaponto a quella, solitaria sentinella, del tempio di Era Lacinia a Crotone; dal teatro di Sibari ai muri in opus reticulatum già prettamente romani di Copia e anche oltre quando appare  la celeste patrona di Castrovillari il cui santuario affonda le sue radici in un sostrato pagano dedicato forse a Persefone, divinità cara ai contadini alla quale si offrivano in dono statuette votive e monete incuse di Sibari recanti il possente toro retrospiciente. Ed è questo toro che spesso appare in altre composizioni di Sancineto, ora nella classica  posa monetale, ora cozzante come nella stupenda rappresentazione venuta alla luce con il ritrovamento recente di un’opera bronzea di superba forza espressiva anche se frammentaria.

In questi due modi l’artista lo riproduce  su pannelli in cui l’elemento figurativo si sussegue più volte con leggerissime varianti, quasi fotogrammi di un lento film.

In una sezione diversa della mostra Sancineto ritorna alla natura rigogliosa o aspra della sua terra e anche qui  la formula figurativa dei primi periodi ha lasciato il passo alla sintesi ed a una tecnica in cui il colore è anche materia compositiva, dato a pesanti spatolate grinzose e stratificate tanto da  suggerire quasi l’impressione di bassorilievi. E sono  solo i colori-forma a dare l’idea a creare, colori che nella nostra mente prendono la parvenza di campi di grano,  delle verdi praterie primaverili,  delle gialle distese di stoppie in cui ci sembra ascoltare l’assordante frinire delle cicale, dei rossi e marroni campi  preparati per la semina con sullo sfondo il cielo e il mare che si fondono senza più una linea di confine in un infinito senza tempo.

Lo stesso azzurro infinito che hanno visto i greci colonizzatori.  Lo stesso azzurro infinito che Mimmo Sancineto  ha visto e fatto suo dall’aerea terrazza di Cerchiara ed ora magicamente ripropone tra le preziosità del Museo di Sibari.    

Gaetano M. Bonifati

“Omaggio alla Calabria” è il titolo della mostra personale di pittura, tenuta recentemente a Roma alla Galleria “Il Tetto” da Mimmo Sancineto, che impagina fascinose tracce di mondi intrisi di storia in cui la presenza dell’uomo è nella immaginazione, negli spazi chiusi delle pareti, nelle muraglie invalicabili che si rivelano come l’oggettivazione di quella passata tristezza ancora e sempre presente.

Muri della Calabria. Muri del Sud, quindi, che fanno sentire l’ignoto, il nulla, il vuoto; ma date le strutture storico-monumentali si inseriscono in un discorso universale. Infatti il linguaggio del Sancineto è sempre frutto di un’operazione intellettuale, che cerca nei muri la penetrazione di una realtà ab imis fundamentis. La pittura diventa così strumento di un racconto che si intreccia al motivo esplicito di ogni esistenza trascendente. Per questo l’artista dà alla sua pittura un tono più interessante con un categorico rifiuto dell’astrazione, intesa come “essenza” preferendo affrontare il problema della natura attraverso suggestive ricostruzioni di paesaggi, bloccati tra due fasce di colori a volte contrastanti alle strutture ma efficaci per l’impegno che il colore assume nelle ondulazioni e nelle trasparenze.

Innamorato com’è della Calabria, della sua solennità, del suo pittoresco, Mimmo Sancineto avrebbe potuto dipingere quadri intensamente lirici, invece fissa un’impressione con pochi tratti essenziali - quasi una sintesi - per finire con colori che rispecchiano l’intima e sincera malinconia del pittore. Insomma una realistica rappresentazione per forza di particolari e circostanze sociali, ma una identificazione di forma e contenuto come un “transfert” della tristezza del presente. Una pittura pregna di silenzio che urla e che si chiarisce definitivamente alla coscienza dell’artista come se volesse trasformare il mondo, il cielo, lo spazio alla luce della maturazione stessa della coscienza calabra.

Gaetano M. Bonifati

Primi Piani, Maggio-Luglio 1982

    

 

 

 

 

 

Silvana Luppino

Sibari 2006

L’evento che apre la stagione estiva 2006 al Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide è la mostra di Mimmo Sancineto su “La Magna Grecia e i suoi segni” tema che non poteva essere più appropriato all’interno di una struttura nata di recente (1996) come polo museale centrale dell’intero comprensorio calabro-settentrionale. Il Museo si colloca, con il suo lungo percorso sulla cultura materiale della Sibaritide dalla Protostoria (II millennio a.C.)  al tardo-antico, nel suo spazio naturale, la vasta Piana di Sibari racchiusa entro il mirabile scenario della catena montuosa del Pollino e le basse spiagge dello Jonio.  In questo contesto ambientale ed architettonico in cui la volontà di simbiosi tra antico e moderno ed il rapporto tra spazio interno ed esterno assumono particolari connotazioni, permeando il paesaggio circostante, si offre ora al visitatore l’esperienza artistica di Mimmo Sancineto la cui vibrante tensione nella rappresentazione della realtà viene assunta quale mezzo di sollecitazione psicologica e come spinta alla conoscenza delle tracce materiali di un prestigioso passato che sono tuttora una concreta presenza e ci restituiscono attraverso le molteplici emozioni del colore forti suggestioni in spazi rarefatti e solenni intersecati da segni, linee e sagome vivacemente mobili. La reinterpretazione dei reperti archeologici trasfigurati dal colore e la sequenza dei muri sollecitati dalla luce che si succede nelle ore del giorno  e sempre sotto l’effetto delle trasformazioni apportate dagli uomini nel corso del tempo dipanano il filo della memoria insieme con il presente che ci circonda e ci viene mostrato con il fine evidente di rivitalizzarlo nel momento stesso in cui ne prendiamo coscienza.

Silvana Luppino

Archeologo Direttore Coordinatore Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria


Sibari 2006 - English version

The event that opens the summer season 2006 at the Archaeological National Museum in Sybaris area, is Mimmo Sancineto’s art exhibition on “ Magna Graecia and its signs”: a theme that is really appropriate inside a building recently born as a central museum pole for the whole northern Calabrian area. Actually the Museum lies – with its long study on the material culture of “Sibaritide”, from the Protohistory ( II millennium B.C. ) to the late antiquity – in its natural site: the large Sybaris Plain enclosed in the wonderful scenery of the mountain range of Pollino and the low beaches of Ionic sea. Mimmo Sancineto’s artistical experience is offered to the visitors in this environmental and architectural context where the harmony between the ancient and the modern and the connection between inner and outer space take a particular connotation, permeating the surrounding landscape. His emotional representation of reality is like a means of psychological stimulation that encourages us to know the material traces of an impressive past that are really present and give us deep suggestions through the numerous “emotions of the colour”.

The representation of the archaeological finds transfigured by the colours and the series of walls revitalized by light, in the different hours of the day, and always transformed by man in the course of time, give us the possibility to follow the thread of memories and, at the same time, to show us the present, giving it new life, just at the moment we become aware of it.

Silvana Luppino

Archaeologist Director Coordinator – Calabria Archaeological Monuments Office.